Sul quotidiano "Il Mattino" di Napoli, Enzo
Biagi si è dato recentemente a descrivere Gaetano Baldacci,
testualmente, come un "tipo non molto raccomandabile, che
finì poi anche in una galera araba"...
Quando invece Baldacci era uno dei più valenti giornalisti
italiani.
Fondatore e direttore del
quotidiano "Il Giorno", in sei mesi lo aveva portato
a una tiratura quasi uguale a quella del "Corriere della
Sera", che aveva messo quasi un secolo per raggiungerla
(coi successivi direttori invece le vendite de "Il Giorno"
calarono vertiginosamente).
In seguito fondò e diresse il settimanale "ABC",
in cui riuscì a concentrare buona parte dei giornalisti
italiani più validi e di fegato.
ABC divenne in breve un settimanale che suscitava l'ammirazione
un pò gelosa di tutta la stampa europea, che lo riconosceva
come un modello di giornalismo coraggioso e altamente qualificato.
Baldacci insomma faceva parte di quei giornalisti italiani che
avevano la capacità e la volontà di informare il
pubblico su come realmente andavano certe cose.
E contro i quali fu lanciata, a un certo punto, una serie di
"safari al giornalista scomodo"...
Per esempio a lui fu indirizzata una incriminazione fasulla,
con ordine di cattura. Sicché, per non ritrovarsi in carcere
chissà per quanto tempo prima che la verità venisse
fuori - data la scandalosa lentezza dei processi nostrani - dovette
rifugiarsi in Libano e poi in Canada, che non avevano accordi
di estradizione con l'Italia.
Dopo anni venne fuori che l'accusa era appunto fasulla, la sua
piena innocenza fu riconosciuta, poté tornare in Italia...
ma tutto ciò aveva ormai minato la sua salute, e pochi
mesi dopo morì.
Ed ecco ora Biagi ucciderlo eroicamente una seconda volta.
Il mercenario Maramaldo passò alla storia come un cialtrone
per aver pugnalato un uomo (quasi) morto.
Biagi invece, cialtrone e mezzo, si è dato a pugnalarne
uno già morto. E' più prudente.
Coi potenti invece...
Certo, non c'è da sorprendersi
per cose del genere, da uno come Biagi.
Cresciuto in un villaggio che più sottosviluppato non
si può dell'appennito tosco-emiliano - i cui abitanti
riuscivano in qualche modo a sfamarsi ingerendo polenta e castagne
secche tutto l'anno, quando potevano - il buon piccolo Enzo era
fortemente motivato a migliorare la propria condizione.
E fin quì niente di male, anzi.
Ma c'è modo e modo.
Lui scelse quello di incensare sistematicamente i potenti; non
mancando, quando capitava, di svilleneggiare i "poveracci",
quelli com'era lui in origine.
Si diede dunque alle interviste in cui osannava a più
non posso una serie di personaggi purchè rigorosamente
ricchi e potenti, da Agnelli fino a Campagnolo, senza andare
troppo per il sottile (per esempio additò Campagnolo addirittura
come fulgido esempio di perfetto impreditore: peccato che poco
dopo costui ebbe grossi guai con la giustizia per l'uso un pò
curioso che faceva di certi capitali).
Se non bastasse, Il Biagi ne trasse addirittura dei libri quanto
mai incensatori, uno per ognuno di quei personaggi.
A questo punto, il successo gli era già in tasca... Ma
volle fare di più.
Si mise a fare una specie di cane da guardia di ricchi e potenti,
facendo "bau bau" ogni volta che qualcuno osava farsi
troppo curioso su quel che combinavano.
Di conseguenza, quelli che proprio non sopportava erano i giornalisti
che, invece di leccare quella gente, si occupavano per esempio
di certi loro intrallazzi, facendo dunque il loro dovere.
Per lui i giornalisti non dovevano assolutamente fare inchieste
su gente come i suoi beneamini danarosi. Quello non era compito
da giornalisti, sosteneva, ma da poliziotti.
Biagi sembrava ignorare che la funzione fondamentale dei giornalisti
in uno stato democratico, e che giustifica appunto la libertà
di stampa, non è quella leccare e scodinzolare, ma di
esercitare un controllo capillare per conto dei cittadini su
tutte le questioni di pubblico interesse.
E in particolare sull'operato
di chi ha posizioni di potere economico o politico, o comunque
riveste incarichi pubblici, elettivi o no, e potrebbe dunque
abusarne, come non di rado avviene.
Se tale controllo diventa carente, una democrazia non può
che degenerare in tempi brevi. Come in Italia.
Il botolo fa bau
Ma a Biagi il botolo tutto
questo non piace.
Vede dunque come il fumo negli occhi i giornalisti che il loro
dovere lo fanno.
Certo, non osa prenderli di petto quando possono fargli fare
"cai cai" con un calcio ben assestato là dove
spunta la coda ai cani (si sarà capito che l'omuncolo
non brilla per coraggio).
Si scatena solo quando li vede ormai a mal partito, per esempio
a seguito di un bel "safari".
Meglio poi se addirittura morti, come Baldacci.
Allora abbaia forte forte, stile botolo che fa bau, in modo che
tutti sentano bene che fine fa chi osa attaccare i suoi prediletti.
Nessuna meraviglia dunque che se la sia presa con Baldacci. Il
quale, per esempio, invece di scodinzolare davanti a Enrico Mattei
- all'epoca l'uomo più potente d'Italia nonché
suo datore di lavoro essendo il padrone effettivo del "Giorno"
- non aveva esitato a dirgliene quattro, ad andarsene sbattendo
la porta e a dirgliene poi altre quattro sui giornali.
(Mattei era comunque un uomo di valore, che aveva visto e agito
giusto molte volte - non a caso gli hanno fatto fare quella fine
- anche se si vantava di avere nel suo libro paga gran parte
dei maggiori politici italiani e non pochi giornalisti, tanto
da attirarsi il titolo di "gran corruttore").
Ognuno ha le libidini
che può
Bene. Ma, e quella storia
della "galera araba" ?
Si tratta di un esempio illuminante dei livelli che possono raggiungere,
nelle mani di uno come Biagi, le manipolazioni.
Siccome aveva appioppato a Gaetano Baldacci la definizione di
"poco di buono" doveva pur puntellarla su qualcosa...
e allora ha aggiunto che era "finito anche in una galera
araba".
Senza aggiungere altro.
Sicché il lettore era autorizzato a pensare che chissà
quali malefatte avesse commesso il "poco di buono"...
Il botolo dimenticava di dire quel che era successo realmente:
che cioè quando Baldacci, a seguito di quell'ordine di
cattura fasullo, dovette espatriare, si rifugiò dapprima
nel Libano contando sul fatto che quello Stato non aveva accordi
di estradizione col Bel Paese.
E, in effetti, le autorità libanesi non lo estradarono.
Ma dall'Italia arrivavano pressioni massicce secondo cui Baldacci
si era macchiato di cose davvero pesanti (e in effetti cosa c'era
di più grave di aver voluto fare seriamente il giornalista,
non chiudendo gli occhi su certe cose ?).
Sicché le autorità libanesi vollero vederci più
chiaro, e nel frattempo lo bloccarono.
Dopodichè, avendo capito come stavano in realtà
la cose, ovviamente lo rilasciarono.
Se dunque Baldacci fu bloccato per qualche tempo in Libano in
un carcere (certo sarebbe stata preferibile una villa con piscina
, ma non sempre i regolamenti giudiziari lo permettono) era esclusivamente
in conseguenza delle accuse fasulle che gli erano state formulate
in Italia.
Ebbene tutto questo, nella libidine manipolatoria del Biagi (ognuno
ha le libidini che può) diventa che Baldacci era "anche
finito in un galera araba" dato che era un "poco di
buono"...
Comunque, Baldacci non doveva essere granché entusiasta
delle contrade libanesi, visto che preferì passare in
Canada, che non solo non concedeva estradizioni all'Italia, ma
non si sognava neanche di prendere in considerazione le "pressioni"
di suoi "autorevoli personaggi"... E dunque lo
accolse civilmente.
Così Baldacci potè attendervi che in Italia la
verità venisse fuori, sia pure con la consueta scandalosa
lentezza che spesso basta da sola ad uccidere gli innocenti.
Biagi e simili invece restavano bene a galla. Come gli escrementi.
Il bello è che il Biagi si dà addirittura a pontificare
dalla TV e da certi giornali con l'aria un pò comica di
un oracolo che tutto vede e tutto giudica...
Vero che è noto il basso livello in cui è caduta
la nostra televisione... Ma c'è un limite a tutto.
E' anche grazie a tipi come Biagi, che se la prendono coi colleghi
che fanno il loro dovere, se certi farabutti hanno potuto imperversare
indisturbati per tanti anni in Italia.
Conversazione avvenuta in
una redazione milanese, fra due noti personaggi:
"Dobbiamo comunque convenire" dice il primo
"che Biagi non scrive male..."
"Sì" risponde l'altro "ha uno stile
di tipo 'brillante', che ricorda quello di Pitigrilli, celebre
negli anni 30".
"Pitigrilli? lo scrittore ebreo che spiava e denunciava
gli ebrei ?"
"Appunto".
Beh, Biagi può forse avere come modello Pitrigrilli nel
modo di scrivere, ma non certo nel resto.
Ci mancherebbe...
Si limita a pugnalare colleghi valorosi, dopo che sono morti.
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