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 dai Mass Media
 
 (Da"Italia 2")     
     

 Viva sensazione per le interviste
a Stefano Surace
     

Le due interviste effettuate nei giorni scorsi da "Italia 2" al celebre intellettuale italo-francese Stefano Surace, di passaggio a Napoli (vive a Parigi da una trentina d'anni, al Quartiere Latino) hanno destato viva senzazione e interesse negli ambienti governativi, politici e giudiziari italiani ed europei, avendo aperto gli occhi su due problemi di scottante attualità su cui pesano gravi manipolazioni che da tempo sviano non solo l'opinione, ma perfino larga parte degli "addetti ai lavori"...

Le due interviste vertevano, com'è noto, l'una sul problema che la Spagna si rifiuta di estradare in Italia le migliaia di cittadini italiani condannati nel nostro paese in contumacia e che si trovano in Spagna; e l'altra sul quesito se si debba disporre un'amnistia, conformemente anche all'auspicio del Papa.

Nella prima, Surace attira l'attenzione su una grave aberrazione del sistema giuridico italiano, che appare sfuggire appunto anche agli addetti ai lavori: che cioè i processi contumaciali (vale a dire in cui l'accusato non è presente) in realtà non sono validi, anzi non sono neppure processi, e dunque le condanne che vi vengono emesse non sono condanne.

Il che spiega perchè non solo la Spagna, ma tutti gli altri paesi della Comunità europea, e in genere i paesi occidentali, si rifiutano di estradare in Italia cittadini italiani che siano stati condannati nel Bel Paese in contumacia.

E' dunque l'Italia - sottolineava Surace - ad essere tenuta a rientrare nella legalità abolendo il processo contumaciale, e non certo la Spagna ad essere trascinata ad una specie di illegalità all'italiana adeguandosi alla nostra legislazione, come certi ambienti tentano di far credere, ingannando platealmente l'opinione pubblica e la stampa.

Nella seconda intervista, Surace sottolineava che, nelle condizioni attuali delle carceri in Italia, l'emissione di un'amnistia non sarebbe una concessione, ma un diritto preciso dei cittadini detenuti.

Costoro in effetti, a causa delle atroci condizioni di vita nelle carceri, sono fatti segno in realtà a pene molto più pesanti di quelle previste dalla legge e dalla Costituzione, che impongono che la pena sia ispirata ad umanità e tenda alla reinserzione del detenuto nella società.

E' dunque innanzitutto lo Stato italiano ad essere fuori-legge in questo campo (come d'altronde in altri).

Si impone dunque che lo Stato rientri nella legalità, creando nelle carceri le condizioni previste dalla legge e dalla Costituzione. Siccome ciò non è però possibile in tempi ragionevolmente brevi, allo stato attuale il solo mezzo per rimediare intanto in parte a questa situazione è abbreviare le pene con l'amnistia.

In entrambe le interviste Surace osserva che per molti ambienti politici di destra, di centro e di sinistra riesce difficile affrontare questi due problemi.

Se è vero infatti che sono stati certi regimi d'anteguerra ad introdurre le suddette aberrazioni, è anche vero che il successivo e attuale regime, che si presenta come democratico e repubblicano, le ha mantenute, ed anzi protette oltre ogni limite dell'assurdo.

Ciò spiega le difficoltà anche psicologiche che si costatano per una riforma peraltro dovuta, e semplicissima da realizzare, come quella dell'abolizione del processo contumaciale; nonchè le resistenze che si costatano all'emissione di un'amnistia, in attesa che lo Stato cessi di essere fuori-legge realizzando nelle carceri condizioni conformi alla legge e alla Costituzione repubblicana.

     

 

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